di Samuel Beckett
adattamento e regia Ninni Bruschetta
con Patrizia Salerno, Maurizio Puglisi, Piero Sturniolo
luci, scene e costumi Ninni Bruschetta
aiuto regia Mariangela Pizzo
datore luci e fonico Renzo Di Chio
musiche: Tuxedomoom, Simple Minds, Brian Eno, David Byrne, O.M.D, Blancmange, Karlheinz Stockhausen.
Produzione (1983)
Note
Samuel Beckett è senz’altro il più rappresentativo autore della seconda metà del Novecento. Se è vero che la sua fama è cominciata nei primi anni cinquanta è anche inoppugnabile il fatto che egli a distanza di circa trent’anni non ha ancora finito di stupire e soprattutto di sconvolgere il suo pubblico.
Questa messa in scena dei suoi “Tre pezzi d’occasione” vuole dimostrare cosa possa nascere dall’inserimento dei moduli espressivi beckettiani nelle realtà di una società computerizzata. I “tre pezzi” sono tre monologhi legati tra di loro da un filo impercettibile. Solo alcune espressioni ed alcuni riferimenti fanno intuire un centro focale comune. La cultura teatrale contemporanea si concentra intorno ad operazioni di questo genere, volte, cioè, ad estendere un solo punto centrale, fino a farne la struttura portante di uno spettacolo per librarsi successivamente in ogni genere di divagazione.
I “Tre pezzi d’occasione” presentati dal TEATRO CLUB, quasi a coronamento di un prolungato omaggio a Samuel Beckett, si muovono proprio su questa linea. Al testo di Beckett nulla è sottratto né aggiunto. La versione integrale è riportata fedelmente con una serie di varianti che giustificano una sorta di aggiornamento di un’opera già aggiornata. La scenografia, le coreografie e le musiche sono disposte in maniera tale da semplificare la percezione del pensiero beckettiano.
Spesso gli attori riproducono gestualmente quanto il testo descrive. Ognuno di essi è protagonista non solo del suo monologo ma di tutto il dramma. Tra di essi serpeggia un costante contatto, un contatto fisico e immateriale al tempo stesso, proprio a rievocare i grandi timori di Beckett: la solitudine, la staticità, il nulla. Capovolgendo il tutto, quindi, mostrando l’inverso di ciò che l’autore ha sempre dettato non si fa altro che confermare in pieno le sue tesi; non c’è una storia né un filo logico che l’umanità possa seguire, tutto si risolve in uno scontro quotidiano fatto di piccole e grandi tragedie, di nobili pensieri e di miserie di ogni genere. Rimane solo una certezza: “cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia”.
Sala Laudamo 27 novembre – 2 dicembre 1983